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Internazionale a Ferrara, la cultura può ripartire: dal lavoro

Ferrara, 22 feb. (askanews) – Nella due giorni di febbraio del festival Internazionale a Ferrara, tra gli altri temi, si è parlato anche di cultura. Con le modalità ormai divenute consuete di diretta online, Daniele Cassandro ha coordinato una tavola rotonda digitale per ragionare sulla ripartenza dalla cultura, uno slogan che spesso abbiamo sentito, ma che altrettanto spesso fatica a trovare una applicazione concreta. Tra i relatori la professoressa Paola Dubini, del dipartimento di Management e Tecnologia dell’Università Bocconi.

"Se dobbiamo ripartire dalla cultura – ha detto la docente – vuol dire che su questo ruolo chiave dobbiamo interrogarci molto a fondo, per esempio andando a chiederci e a chiedere a chi la cultura la fa che cosa vuol dire essere motore di sviluppo, sia dall’altra parte ragionare sulla sostenibilità del lavoro culturale. In queste settimane di resilienza e resistenza abbiamo visto come spesso il lavoro culturale non sia sostenibile".

Il tema del lavoro culturale è certamente cruciale, come continuano a dimostrare le manifestazioni e le battaglie dei lavoratori della cultura, ma altrettanto decisivo è il fatto di ragionare su come ampliare sia il pubblico della cultura, sia il modo stesso di pensarla, da parte di chi la fa, oltre che il bisogno di una rottura degli schemi troppo rigidamente settoriali del sapere. E tra gli ospiti di Internazionale a Ferrara c’era anche l’artista Tomas Saraceno, noto per i suoi lavori con i ragni e le ragnatele.

"Quando penso al tema dell’imparare – ha detto l’artista argentino – mi ricordo sempre una frase di Fernando Pessoa che diceva che la vita è un lungo processo per disimparare quello che abbiamo imparato. Quello che noto io è che spesso siamo rinchiusi o costretti su una pratica disciplinare che molte volte è stretta nel conformismo delle discipline. Mi piacerebbe rompere un po’ questi parametri, non solo estendendo queste possibilità di dialogo tra noi umani, ma anche con altre specie".

Vengono in mente le filosofie di Timothy Morton o di Donna Haraway, vengono in mente immagini di un sapere più ibrido e cross-disciplinare. Elementi che si muovono in una direzione di superamento dell’attuale "capitalocene", per citare ancora il termine scelto da Saraceno e caro al pensiero radicale, in vista di un cambiamento della cui necessità forse la pandemia ci ha reso ancora più consapevoli.

Redazione

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