Categorie: Video Memorie

Live Aid, il più grande evento televisivo di sempre

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Stadio Wembley di Londra e John F. Kennedy Stadium di Filadelfia

13 luglio 1985 – Il più grande collegamento via satellite di sempre, la più grande trasmissione televisiva di tutti i tempi, due miliardi e mezzo di telespettatori in diretta, più di cento paesi collegati: è il Live Aid, mega-concerto rock organizzato da Bob Geldof e Midge Ure per aiutare la gente d’Etiopia, colpita da una gravissima carestia. La partecipazione della gran parte dei divi musicali del tempo innesca una donazione globale stimata intorno ai 150 milioni di sterline. Riviviamo quel giorno attraverso i momenti più significativi, partendo dall’inizio del concerto, inaugurato dai principi Carlo e Diana. In Italia erano le 13:00 esatte.

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h 13:20 – Dopo l’apertura con i Principi di Galles e l’esibizione degli Status Quo, tocca agli Style Council di Paul Weller, con le loro atmosfere soft.

h 14:30 – Sotto il sole di Wembley è il momento degli Ultravox e delle loro cupe melodie. Ma soprattutto è il momento del loro leader Midge Ure, organizzatore del Live Aid insieme a Bob Geldof; 20 anni dopo organizzerà un altro evento (sempre con Geldof) per sensibilizzare le nazioni del G8 sul tema della povertà. Nominato ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico per il suo impegno civile, è attualmente ambasciatore di “Save the Children”.

h 14:55 – È l’ora del new romantic con gli Spandau Ballet e la voce di Tony Hadley. Gli “Spandau”, come venivano comunemente chiamati dagli italiani, ai tempi erano incredibilmente famosi nel nostro paese; anche in anni più recenti, Hadley è stato ospite a Sanremo e ha duettato con Caparezza nel brano Goodbye, Malinconia.

h 15:05 – Allo stadio JFK di Filadelfia, Jack Nicholson apre la “risposta americana” a Londra. In Pennsylvania sono le 9:05 di mattina; sono già presenti ben 90.000 persone.

h 15:53 – Sul palco di Wembley sale la suadente voce e l’elegante bellezza di Sade.

h 16:18 – Sempre a Londra, è di scena Sting, con Phil Collins a fare da controcanto.

h 17:36 – L’ex Roxy Music Bryan Ferry, sofisticato interprete del glam rock, si presenta sul palco con un chitarrista d’eccezione: David Gilmour dei Pink Floyd.

h 18:25 – Gli U2 in un momento indimenticabile del concerto. Durante l’esecuzione di Bad, Bono invita i fans ad avvicinarsi al palco, ma si accorge della difficoltà di alcune ragazze, quasi schiacciate dalla folla: il cantante invita ad ampi gesti gli steward a permetter loro di scavalcare le transenne, obbligando la band, che non capisce cosa stia succedendo, a ripetere il riff ad oltranza. Alla fine Bono capisce di dover scendere in prima persona ad intervenire: l’abbraccio con una delle ragazze è decisamente emozionante.

h 19:08 – I Dire Straits con uno dei loro cavalli di battaglia, Sultans of Swing: una lunga interpretazione impreziosita dagli assoli di piano e sax, oltre che dal consueto talento di Mark Knopfler alla chitarra.

h 19:44 – Il contributo dei Queen al Live Aid passa anche per Radio Gaga e per la solita, trascinante performance dell’indimenticato Freddie Mercury.

h 20:11 – Al JFK Stadium di Filadelfia, dopo una mattinata con alcuni grandi del passato (Joan Baez a ricordare Woodstock e l’ultima reunion dei Black Sabbath), si presentano i Simple Minds, band scozzese ai vertici delle classifiche mondiali e al tempo fortemente impegnata nel sociale, sia con Amnesty International che con il sostegno a Nelson Mandela nella lotta all’apartheid.

h 20:34 – Torniamo a Wembley, dove è il momento del “Duca Bianco”, David Bowie. Al tempo l’artista inglese vive il suo momento commercialmente più rilevante, con interpretazioni glam tipiche della moda anni ‘80. In questa direzione va anche la versione di Heroes, dedicata a suo figlio, “a tutti i nostri figli e ai figli di tutto il mondo”.

h 20:54 – Wembley ridà la linea a Filadelfia, dove sul palco esplode il rock dei Pretenders e la calda voce della loro leader Chrissie Hynde.

Nel frattempo a Londra Bob Geldof, esaltato dall’esibizione dei Queen e di Bowie, rinnova l’appello alla BBC, interrompendo il presentatore con un perentorio “Si fotta l’indirizzo, date solo il telefono, ecco il numero…”. Le donazioni schizzano a 300 sterline al secondo.

h 21:50 – Al calar della sera, a Wembley, è di scena il pop di Elton John: una bellissima interpretazione della sua Rocket Man. Ovviamente vestito in modo “sobrio” come sempre…

h 22:27 – Nel catino del JFK, a Filadelfia, siamo in pieno pomeriggio quando Bette Midler presenta al pubblico una giovane cantante italo-americana con le parole “She’s great, she’s hot, she’s a lot like a virgin… she’s Madonna!”

h 22:51 – La chiusura del concerto londinese è affidata, come d’obbligo, all’ex Beatles Paul McCartney, con un assolo al piano sulle note di Let It Be. Verso la fine del brano, si aggiungono sul palco dei coristi inaspettati: David Bowie, Allison Moyet, Pete Townshend degli Who e il “patron” Bob Geldof.

La linea passa definitivamente a Filadelfia.

h 00:06 – È il momento di Neil Young. Schivo e solitario per natura, ma sempre presente in manifestazioni filantropiche, il cantautore sfodera un grande pezzo del suo repertorio acustico: The Needle and the Damage Done. Nel frattempo, Phil Collins è atterrato all’aeroporto di Filadelfia dopo l’esibizione londinese: in aereo ha incontrato casualmente Cher, ignara della manifestazione, e l’ha convinta a partecipare al concerto. La voce di Cher sarà una delle protagoniste del gran finale.

h 01:48 – Dalla chitarra di Eric Clapton partono le inconfondibili note di Layla, canzone ispirata anni prima dall’amore non corrisposto di Clapton per Pattie Boyd, moglie del suo amico George Harrison. Sul palco Eric si ritrova a sorpresa un doppio batterista: al suo fedelissimo Jamie Oldaker, infatti, si è aggiunto l’instancabile Phil Collins.

h 02:05 – Phil Collins ha davvero energie da vendere. Dopo l’esibizione solista a Londra, i duetti prima con Sting e poi con Steve Blacknell, il viaggio a Filadelfia e l’accompagnamento a Eric Clapton, si ripropone di nuovo in assolo al pubblico del JFK con un suo brano molto famoso all’epoca: In the Air Tonight.

h 02:18 – Uno dei momenti più attesi: dopo la morte del batterista John Bonham, avvenuta 5 anni prima, e il conseguente scioglimento del gruppo, tornano a riunirsi gli ex Led Zeppelin Robert Plant, Jimmy Page e John Paul Jones. Si fanno presentare con i loro nomi e non con quello della band, per rispetto della memoria del loro compagno scomparso. Il posto di Bonham alla batteria viene preso, manco a dirlo, da Phil Collins.

h 02:55 – Dopo un’altra storica reunion, quella di Crosby, Stills, Nash e Young, sale sul palco la band probabilmente più rappresentativa del pop anni ‘80: i Duran Duran.

h 03:56 – Con Maneater di Daryl Hall e John Oates, a Filadelfia continua il momento pop (anche se Hall & Oates preferivano definire il loro genere come “rock and soul”).

h 04:35 – Si affrontano due tra i più “feroci” animali da palcoscenico della musica, Mick Jagger e Tina Turner: State of Shock, più che un duetto, sembra una vera e propria spumeggiante sfida di presenza scenica.

h 04:49 – Al finale londinese di Paul McCartney, gli USA rispondono con il loro mostro sacro, Bob Dylan, accompagnato dalle chitarre di Ron Wood e Keith Richards dei Rolling Stones. Durante l’esecuzione del brano di chiusura (l’immortale Blowin’ in the Wind), succede l’inaspettato: una corda della chitarra di Dylan si spezza. Prontamente, Ron Wood gli cede la propria chitarra, per poi doversene accordare un’altra da solo, on stage. La performance che ne consegue non è ovviamente una delle migliori, ma è significativa per capire l’atmosfera di quel concerto, trasmessa dai palchi di Londra e Filadelfia agli spettatori di tutto il mondo: almeno per un giorno, gli interessi dell’industria discografica sembravano essere stati accantonati dalle più note stelle della musica, tornati ad essere dei semplici, fallibili (e perciò meravigliosi) artisti.

h 04:55 – We are the World, scritta da Michael Jackson e Lionel Richie, canzone simbolo del Live Aid statunitense, chiude la manifestazione.

Skatz

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