Il Libano sospeso tra gioia e sofferenza

di Furio Piccione

Il Libano sospeso tra gioia e sofferenza

| martedì 29 Ago 2023 - 00:29

La Repubblica, ferita dalla guerra, dalla povertà e da un regime politico immobile rischia davvero il baratro. Ai giovani e alla loro protesta precluso il Parlamento

Confesso subito che quando si parla o si discute di Libano, non sono per nulla obiettivo. Quel Paese, che amo follemente da sempre, è stato la mia pista di lancio professionale nel Medio Oriente, dove arrivai per una delle guerre più sanguinose, seguite pochi mesi dopo la strage di Sabra e Chatila. Ho subito sentito un’attrazione incredibile per quella culla di civiltà, nonostante divisioni, scontri, affari poco chiari e gestione assai imprevedibile del potere. Ho incontrato tutti, ma proprio tutti i leader della Repubblica dei cedri negli ultimi 50 anni, e apparentemente nulla è cambiato. I personaggi sono sempre gli stessi. L’unica novità politica e’ che il vecchio e coraggioso capo dello Stato, il generale Michel Aoun, che ho avuto l’onore di frequentare come un caro amico, si è dimesso dall’incarico alla fine dell’anno scorso, al termine del suo mandato. Chiedendo con estrema determinazione, che si faccia il possibile per evitare che la Repubblica libanese precipiti nel baratro. Non si sono ancora rimarginate le terribili ferite provocate dall’esplosione mostruosa nel porto di Beirut, che ha provocato 218 morti e 7000 feriti il 4 agosto 2020. Ma accanto al dolore è cominciato il declino del meraviglioso Paese dei cedri. Chi può se ne è andato all’estero. Chi è rimasto cerca di curare le disastrose ferite di un debito pubblico da far tremare i polsi, e da una povertà che ormai ha toccato oltre l’82 per cento della popolazione. Ma i leader sono ancora tutti la’ : dal cristiano Samir Geagea a Nasrallah, leader dell’Hezbollah. Allo sciita Nabih Berri, presidente del Parlamento. E ovviamente a Walid Jumblatt, che dal suo castello di Moukhtara continua ad essere la guida dei drusi. Con Walid ho una speciale amicizia, e con lui ci scambiano quasi ogni settimana lunghe mail. Ho conosciuto il Libano dell’abbondanza, quando piovevano i miliardi per i palestinesi del leader laico dell’OLP, Yasser Arafat. Il Paese era così ricco che anche gli abiti italiani costavano la metà rispetto all’Italia. A Beirut, nella mia cara Beirut, ho incontrato al casinò, nella zona Est della capitale, un Signore vestito di bianco con il turbante. Vinsi una discreta cifra alla roulette e il signore si complimentò scrivendomi su una banconota il suo nome: Osama bin Laden. Allora non lo conosceva nessuno. Era un miliardario saudita, alleato degli USA. Qualche anno dopo divenne il nemico numero uno dell’Occidente. Fino all’attentato alle Torri gemelle. Libano mio, ma dove sei finito? Il movimento di protesta giovanile ha prodotto ben poco. Il Parlamento è inaccessibile a chi non ha titoli. Non vedo l’ora di tornarci, per respirare la brezza di un sogno favoloso che finora non si è ripetuto . ANTONIO FERRARI PER IL… ( di Antonio Ferrari / ( LaPresse/AP – CorriereTv ). Guarda il video su Corriere: https://video.corriere.it/esteri/vicino-oriente/libano-sospeso-gioia-sofferenza/130da8e4-44fa-11ee-82ab-878bb3eb19e2

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