Il Corriere della Sera presenta "Le lezioni d’autore", una serie esclusiva di video con prestigiosi professori, grandi scrittori italiani e le firme più autorevoli del giornale. 75 video: un viaggio nel sapere per chi affronta quest’anno la Maturità e per tutti gli adulti in cerca di risposte.
Elsa Morante (Roma, 1912-1985) è stata la strega della letteratura italiana del Novecento, dove per «strega» intendo un’autrice libera, potente, capace di dare vita a un immaginario narrativo e poetico profondamente ricco, perturbante e radicalmente originale. Cesare Garboli, il suo maggiore critico, e curatore insieme a Carlo Cecchi delle Opere nei «Meridiani» Mondadori, dirà che Morante, «letterariamente, non si sa da dove venga», e che la sua scrittura «non lascia intravedere modelli». Nei suoi romanzi, che sono quattro, e che si aggiungono a una copiosa produzione di poesie, racconti e saggi brevi, impasta strutture ottocentesche di grandi feuilleton, resoconti cronachistici, favole e archetipi del mito; mescola linguaggio aulico e volgare nel calderone magmatico della sua creatività di fattucchiera immersa in un «gioco segreto», nella sua stanza popolata di gatti e fantasmi, che farà di lei la più ribelle voce della narrativa del secolo scorso. Ribelle rispetto ai canoni, alle mode, alle scuole, alle ideologie.
Una voce che non teme di guadare in faccia la realtà meschina e triste dell’umanità piccolo-borghese del Novecento, senza però sottrarre a questa realtà la sua profondità magica e il suo mistero. Perché, come la grande letteratura sa svelare, nessuno è una persona soltanto. Siamo tutti abitati da luci e ombre, piccinerie e affascinanti segreti. Morante tiene insieme le tante facce – misere e nobili – dell’umanità, facendo deflagrare i contrasti. E ci riesce percorrendo una strada tutta sua, controcorrente.
Il tempo e la Storia
Quando la maggior parte degli scrittori, intorno agli anni Quaranta, era impegnata nel Neorealismo e nei conti a caldo con la Storia, lei retrocedeva in una mitica Belle Époque, in Sicilia, nel romanzo Menzogna e Sortilegio (1948, premio Viareggio), che con la Storia ha pochissimo a che fare, e anzi affonda la sua ispirazione in istinti, superstizioni e memorie così lontani da sfiorare la preistoria.
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