Si scrive «consenso informato», si legge «divieto». La commissione Cultura della Camera ha approvato un emendamento della maggioranza che vieta «tutte le attività didattiche e progettuali attinenti all’ambito della sessualità» non solo nelle scuole dei più piccoli, ma anche alle medie. Immediata, e durissima, la reazione delle opposizioni. «In un Paese ancora scosso dall’ennesimo femminicidio di una giovane donna, la risposta politica del governo è quella di restringere ulteriormente gli spazi dedicati all’educazione all’affettività e al rispetto dell’altro nelle scuole», dichiara Irene Manzi, responsabile scuola del Pd. «Un modello censorio – aggiunge – che lascia il campo libero alla disinformazione, fondata sul sessismo e la cultura della sopraffazione, che circolano indisturbati in rete». Dello stesso avviso Elisabetta Piccolotti, di Alleanza Verdi e Sinistra, che ha parlato di «deriva oscurantista della scuola», accusando la maggioranza di essere «ispirata dal fondamentalismo e dall’estremismo religioso».
Di tutt’altra opinione l’onorevole leghista Rossano Sasso, relatore della legge in discussione, secondo il quale «l’emendamento non vieta affatto l’educazione alla sessualità, né impedisce l’accesso a informazioni corrette: si limita ad escludere dalle scuole primarie e secondarie di primo grado attività didattiche che esorbitino da quanto previsto dalle Indicazioni nazionali». «Troppe volte – ha aggiunto Sasso – abbiamo assistito a tentativi di indottrinamento da parte di attivisti di estrema sinistra Lgbt». Un riferimento implicito alla supposta ideologia gender, «una propaganda fatta da tematiche inopportune e inadeguate a bambini di 5 anni».
