È il 1903 e Alicudi, la terra più solitaria delle isole Eolie, è povera più che mai. Secondo una teoria antropologica, in quel periodo la segale, alimento primario per sfamare la popolazione dell’isola, era stata contaminata da un fungo parassita che aveva lo stesso ingrediente base dell’LSD. Ma la fame era tanta che le persone, pur di cibarsi, mangiavano il pane nero fatto con la segale marcia. E così sembra che sull’isola sia avvenuto un fenomeno di allucinazione collettiva. “Questa teoria mi ha affascinata molto, e ho pensato che avesse un buon potenziale narrativo” spiega Marta Lamalfa, autrice de L’isola dove volano le femmine (Neri Pozza).
Nell’intervista fatta da Giulia Carla De Carlo per il vodcast di QN “Il Piacere della Lettura“, la scrittrice racconta del suo fascino per Alicudi sin da quando era bambina: “Geograficamente, è un’isola molto particolare perché ha la forma di un vulcano – infatti è proprio un vulcano spento. Quando ci sono andata per la prima volta mi ha fatto paura, sembra che da un momento all’altro esploda”. Lamalfa parla della situazione di estrema povertà dell’isola a inizio ‘900, del contrasto con le isole vicine come Lipari, già molto più ricche: “Ad Alicudi, la povertà è considerata quasi come una malattia genetica. Si trasmette di padre in figlio, e uscire da questo ciclo di povertà è difficile. Ogni tanto qualcuno ci prova, ma non è semplice – spiega –. Un ragazzo, Nardino, esce dall’isola perché va a scuola a Lipari, e là trova la modernità e ne resta affascinato. Cose come l’illuminazione stradale o la vita notturna sono una novità per lui”.
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