Il Manifesto tecnico della letteratura futurista

di Furio Piccione

Il Manifesto tecnico della letteratura futurista

| martedì 11 Mag 2021 - 00:01

11 maggio 1912 – Tre anni dopo aver dato alle stampe il Manifesto del Futurismo, sulle “Edizioni futuriste di Poesia” il poeta Filippo Tommaso Marinetti pubblica il Manifesto tecnico della letteratura futurista. Il documento auspica la nascita di una letteratura rivoluzionaria e libera da tutte le regole, persino quelle grammaticali, ortografiche e di punteggiatura.

L’appassionato disgusto per le idee del passato, specialmente per le tradizioni politiche e artistiche, insieme all’amore per la velocità, per la tecnologia, persino per la violenza, porterà nel dopoguerra prima all’ispirazione e poi a un rapporto abbastanza problematico con il fascismo.

Estratto dal Manifesto:

“In aeroplano, seduto sul cilindro della benzina, scaldato il ventre dalla testa dell’aviatore, io sentii l’inanità ridicola della vecchia sintassi ereditata da Omero. Bisogno furioso di liberare le parole, traendole fuori dalla prigione del periodo latino! Questo ha naturalmente, come ogni imbecille, una testa previdente, un ventre, due gambe e due piedi piatti, ma non avrà mai due ali. Appena il necessario per camminare, per correre un momento e fermarsi quasi subito sbuffando!

Ecco che cosa mi disse l’elica turbinante, mentre filavo a duecento metri sopra i possenti fumaiuoli di Milano. E l’elica soggiunse:

  1. Bisogna distruggere la sintassi disponendo i sostantivi a caso, come nascono.
  2. Si deve usare il verbo all’infinito, perché si adatti elasticamente al sostantivo e non lo sottoponga all’io dello scrittore che osserva o immagina. Il verbo all’infinito può, solo, dare il senso della continuità della vita e l’elasticità dell’intuizione che la percepisce.
  3. Si deve abolire l’aggettivo, perché il sostantivo nudo conservi il suo colore essenziale. L’aggettivo avendo in sé un carattere di sfumatura, è inconcepibile con la nostra visione dinamica, poiché suppone una sosta, una meditazione.
  4. Si deve abolire l’avverbio, vecchia fibbia che tiene unite l’una all’altra le parole. L’avverbio conserva alla frase una fastidiosa unità di tono.
  5. Ogni sostantivo deve avere il suo doppio, cioè il sostantivo deve essere seguito, senza congiunzione, dal sostantivo a cui è legato per analogia. Esempio: uomo-torpediniera, donna-golfo, folla-risacca, piazza-imbuto, porta-rubinetto.

Siccome la velocità aerea ha moltiplicato la nostra conoscenza dei mondo, la percezione per analogia diventa sempre più naturale per l’uomo. Bisogna dunque sopprimere il come, il quale, il così, il simile a. Meglio ancora, bisogna fondere direttamente l’oggetto coll’immagine che esso evoca, dando l’immagine in iscorcio mediante una sola parola essenziale.

6. Abolire anche la punteggiatura. Essendo soppressi gli aggettivi, gli avverbi e le congiunzioni, la punteggiatura è naturalmente annullata, nella continuità varia di uno stile vivo che si crea da sé, senza le soste assurde delle virgole e dei punti. Per accentuare certi movimenti e indicare le loro direzioni, s’impiegheranno segni della matematica: + – x : = > <, e i segni musicali.”

Testo integrale: Manifesto tecnico della letteratura futurista

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