Serbo vostro. Il governo di Belgrado annuncia che sarà il primo al mondo a sperimentare il nuovo vaccino russo contro i tumori.
Il ministro per la Cooperazione economica Nenad Popovic dice che l’Enteromix, messo a punto dal Centro di Ricerca medica e radiologica di Mosca, grazie all’intelligenza artificiale sarà «personalizzato» e facile da produrre anche nel cuore dell’Europa: basteranno sette giorni, per combinare il materiale genetico del paziente col tessuto tumorale e «intervenire sulle metastasi da melanoma o da cancro al colon».
C’è già un accordo diretto fra il presidente russo Vladimir Putin e il presidente serbo Aleksandar Vucic, spiega il ministro: «La scorsa settimana è venuta a Belgrado una delegazione russa per esaminare le nostre strutture» ed è stato istituito un gruppo di lavoro misto. Una missione d’oncologi, di microbiologi e d’infettivologi serbi andrà a Mosca entro la fine dell’anno, agli istituti Gamaleja e Gertsen, per partecipare alle ricerche, formare il personale, imparare il processo clinico.
Le prime dosi serbe, «destinate anche a malati provenienti dal resto d’Europa», saranno preparate all’ospedale Torlak di Belgrado. E già nel 2026, la Serbia sarà in grado di somministrarle.
È la diplomazia dei vaccini. Quella che Putin e Vucic sperimentarono ai primi tempi del Covid, con una telefonata e un accordo commerciale sul famoso Sputnik: quando ancora non era partita l’onda NoVax, ancora non
esistevano i rimedi di Pfizer o AstraZeneca, e pure dall’Italia partivano a centinaia per inocularsi a Belgrado il «rivoluzionario antidoto russo».
