Milano, 5 gen. (askanews) – Il 2020, l’annus horribilis della ristorazione italiana, si è chiuso nel peggiore dei modi: 37,7 miliardi di euro di perdite, circa il 40% dell’intero fatturato annuo del settore è andato in fumo. Per questo la Fipe –
Confcommercio, Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, e le principali sigle sindacali del commercio e del turismo (Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil), hanno scritto al ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, chiedendo un incontro urgente per elaborare insieme un piano organico di interventi per le imprese e i lavoratori e per cercare di programmare una riapertura in sicurezza dei locali.
Il colpo più duro al settore è arrivato dalle chiusure di novembre e dicembre nel periodo delle festività, quando, storicamente, una parte rilevante dei locali arriva a generare fino al 20% del fatturato annuo: nel quarto trimestre, invece, le perdite registrate hanno superato i 14 miliardi, facendo segnare un -57,1%, peggio ancora di quello che era successo nel secondo trimestre con il primo lockdown.
Questa fine anno ha di fatto vanificato gli sforzi estivi che pure avevano portato a un contenimento delle perdite in alcune aree turistiche del Paese. Le grandi città, e in particolare le città d’arte, dove ha pesato di più l’assenza del turismo internazionale, non hanno invece beneficiato nemmeno
della tregua estiva, registrando perdite complessivamente
superiori all’80%.
Più volte i ristoratori e i gestori di locali sono scesi in piazza per protestare contro le chiusure e pesanti limitazioni compensate solo in minima parte dai vari decreti per i ristori. Molti bar e ristoranti hanno chiuso, altri cercano di sopravvivere con l’asporto ma con i numeri della pandemia il futuro per il settore è sempre più fosco.