La quinta puntata della docuserie "Rivincite"
Alberto Gottardo e Francesca Sironi / CorriereTv
La rasaghiaccio scivola nel silenzio del palazzetto. Spalti vuoti, luci basse. C’è movimento soltanto nello spogliatoio blu, il penultimo. «E il più freddo, non è giusto», commentano fra loro Andrea Macrì ed Eusebiu Antochi mentre si cambiano. È lo spogliatoio dei Tori Seduti al Palatazzoli di Torino. Macrì ed Antochi sono atleti di Para Ice Hockey: hockey su ghiaccio, ma praticato su slittino.
«Siamo atleti. Paralimpici, sì, ma potremmo anche non specificarlo», riflette Macrì: «Se ci chiedessero chi siete? Direi solo siamo atleti. Le persone fanno fatica a parlare di disabilità. Quasi si bloccano, hanno paura di dire la parola sbagliata, di offendere qualcuno, oppure cadono subito nel paternalismo. E alla fine, invece di vedere il gesto tecnico e la performance, parlano di "eroismo". Quando non c’è niente di eroico. Siamo atleti che si impegnano per una passione, e stop».
Dentro l’arena circondata dal plexiglass il gesto tecnico si impone immediato. Il Para Ice Hockey, o hockey su slittino, è adrenalinico. I movimenti sono veloci, aggressivi, sorprendenti; la dinamica di gioco talmente fitta da richiedere più cambi a partita per la fatica di attaccanti, portiere e difensori. Non c’è un momento buco, un secondo di noia: il dischetto scivola sul ghiaccio e non si può fermare, e così gli atleti accelerano e cadono, accucciati dentro slittini essenziali che sembrano muoversi a metà fra l’avanguardia tecnologica e la cibernetica punk, in equilibrio su due lame parallele per incidere il ghiaccio che gli atleti piegano in curva ondeggiando, spingendosi con due stecche, una per mano, stecche che servono sia da rampone per spingersi che da lame per tirare.
Nel silenzio del Palatazzoli si sentono solo i colpi dei dischetti che picchiano forte sulle pareti dell’arena per i tiri in porta e le parole dell’allenatore che sta insegnando a due bambini a stare in bilico sulle lame, aiutato da un decano della nazionale italiana, Gabriele Araudo, «Questo sport ha degli aspetti meravigliosi: la dinamicità, il contatto, la ricerca di equilibrio e di agilità», racconta Macrì. In Italia sono circa 3 milioni le persone che soffrono di gravi limitazioni, il 5 per cento della popolazione. Solo l’11 per cento pratica sport. Nel marzo del 2021 la Commissione Europea ha adottato una strategia 2021 – 2030 per migliorare la qualità di vita e l’inclusione nella disabilità. La parola chiave è la vita indipendente, anche per fermare la spinta alla costruzione di istituzioni totali ancora presente in alcuni paesi. Tra il 2007 e il 2013, attraverso il Fondo sociale europeo, una delle colonne delle politiche europee per la coesione, sono stati finanziati più di 150 milioni di euro in infrastrutture per persone con disabilità. «Inclusione non vuol dire mettere una rampa sul retro, vicino a un’entrata secondaria», commenta Macrì: «Ma pensare che forse potrebbe essere meglio una rampa piuttosto che i gradini, per tutti».
‘Rivincite’ è la docu serie che racconta lo sport come strumento di inclusione: otto puntate settimanali, prodotte da Somewhere Studio e realizzate con il sostegno dell’Unione Europea. Il suo contenuto è esclusiva responsabilità di Somewhere Studio e non riflette necessariamente le opinioni dell’Unione Europea. Somewhere Studio garantisce l’indipendenza, il rigore e la completa autonomia nella scelta e nel trattamento degli argomenti.
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