Il 23 maggio 1992, Sandro Ruotolo fu uno dei primi giornalisti ad arrivare sul luogo della strage di Capaci, dove persero la vita il giudice antimafia Giovanni Falcone, la sua compagna Francesca Morvillo e tre agenti di scorta.
 
Fu "l’attentatone" che aprì la stagione delle stragi in Italia che durò fino al 1994, la strategia stragista decisa da "cosa nostra" a guida corleonese con la vertice Totò Riina. In questa intervista a Fanpage.it, a trenta anni dalla strage, Ruotolo ripercorre le ore e i giorni seguenti all’attentato, ma ripercorre anche i tanti, troppi punti bui che ancora accompagnano la morte di Giovanni Falcone e quella successiva di Paolo Borsellino.
 
"Sappiamo un pezzo di verità, non tutta la verità – racconta Ruotolo – la domanda che da 30 anni non ha risposta è: fu solo mafia?". Il senatore e giornalista elenca una serie di incongruenze e misteri ancora da chiarire. "Quella strategia stragista decisa a Enna nel 1991, nel 1994, con le elezioni che videro la vittoria di Forza Italia, si interruppe improvvisamente. Ottennero qualcosa?
 
Oltre 300 decreti di carcere duro, il 41 bis, non furono rinnovati dall’allora ministro della giustizia Conso" sottolinea Ruotolo. "Abbiamo sconfitto la mafia stragista, ma dopo 30 anni oggi la mafia è più forte, perché non ha bisogno di uccidere". 

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