Biennale Danza, la materia vivente e in metamorfosi di de Sagazan

di Redazione

Biennale Danza, la materia vivente e in metamorfosi di de Sagazan

| lunedì 09 Ago 2021 - 13:34

Venezia, 9 ago. (askanews) – Uno spettacolo di forte impatto emotivo, che cita i capolavori dell’arte e ambisce a creare, attraverso la messa in scena, una "immagine vivente" che supera le dimensioni della pittura e della scultura, a cui costantemente guarda. L’artista e coreografo francese, ma nato in Congo, Olivier de Sagazan ha portato alla Biennale Danza di Venezia in prima mondiale il suo "La Messe de l’Ane", opera evocativa, nella quale giocano un ruolo decisivo le trasformazioni dei corpi, mediante l’utilizzo dell’argilla.

"Non posso donare la vita con le mie mani – ha detto Sagazan ad askanews – quindi devo mettere tutto il mio corpo nella materia. Perciò ho preso i miei materiali da pittore e scultore, come l’argilla, e l’ho messa sul mio viso, sul corpo. E in questo modo riesco a portare la vita dentro la materia".

Sul palco sfilano politici, medici, prigionieri, malati: tutti subiscono delle trasformazioni, tra il tragico e il grottesco, e tutti si vedono costretti a rimettere in discussione il ruolo che la società ci impone, prima che l’asino-minotauro arrivi, a suo modo, a generare una sorta di nuovo ordine nella diversità. E, seppur con una grammatica teatrale che non è inedita, lo spettacolo si affida a forze che possono trascendere l’autorialità.

"Non puoi controllare tutto – ha aggiunto l’artista – e quando non puoi controllare completamente i comportamenti o i movimenti, la vita arriva sul palco. Questa per me è una delle qualità più preziose della materia e, andando ancora più a fondo, vorrei parlare di filosofia e metafisica, perché io sono fatto di materia e attraverso essa arrivo a capire qualcosa di molto profondo, perché credo che la materia del mio corpo sia identica a quella che costituisce il cosmo".

I momenti dello spettacolo si sviluppano intorno ad alcune immagini iconiche dell’arte: dalla Lezione di Anatomia di Rembrandt alle allucinazioni di Bosch, per finire con una sorta di Pietà michelangiolesca rivisitata con la carne di un Francis Bacon. E se lo spettatore viene invitato a perdersi in questo labirinto, anche sul palco succede qualcosa di simile.

"Improvvisamente, quando sei cieco sulla scena – ha concluso Olivier de Sagazan – entri in un altro spazio tempo. Ed è molto strano, la materia è un amplificatore di presenza".

Quella stessa intensa sensazione di presenza che tutta la Biennale Danza, anche in questa edizione 2021, è stata grandiosamente in grado di portare in primo piano attraverso la polifonia e la complessità.

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