Contro le infibulazioni

di Rossella Carli

Contro le infibulazioni

| giovedì 06 Feb 2020 - 08:00

Oggi si celebra la Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili, ancora oggi praticate soprattutto in Africa. 

L’infibulazione (dal latino fibula, spilla) consiste nell’asportazione della clitoride (escissione), delle piccole labbra, di parte delle grandi labbra vaginali con cauterizzazione, cui segue la cucitura della vulva, lasciando aperto solo un foro per permettere la fuoriuscita dell’urina e del sangue mestruale.

Ha origine esclusivamente culturale, ed è oggi praticata in diverse società africane, della penisola araba e del sud-est asiatico.

Le origini delle mutilazioni femminili sono legate a tradizioni dell’antico Egitto; da qui il nome di “infibulazione faraonica” che le viene dato in lingua araba (الختان الفرعوني, al-khitān al-firaʿūnī). Si calcola che in Egitto, nonostante la pratica sia vietata, ancora oggi tra l’85% e il 95% delle donne abbia subito l’infibulazione.

L’antropologo de Villeneuve ha definito la Somalia (dove la pratica è diffusa al 98%) “le pays des femmes cousues”, il paese delle donne cucite.

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