La Strage di Bologna

di Jack Sentenza

La Strage di Bologna

| domenica 02 Ago 2020 - 00:01

Bologna, 2 agosto 1980, ore 10.25

Una bomba esplode alla Stazione di Bologna nella sala d’aspetto di 2ª classe, causando 85 morti e più di 200 feriti. È il più grave atto terroristico avvenuto in Italia nel secondo dopoguerra.

Come esecutori materiali saranno individuati alcuni militanti di estrema destra, appartenenti ai Nuclei Armati Rivoluzionari, tra cui Valerio Fioravanti e Francesca Mambro. Fatto forse ancor più rilevante, si scopriranno i collegamenti con la criminalità organizzata e i servizi segreti deviati nel più imponente tentativo di deviazione di un’indagine della magistratura italiana.

Il depistaggio si compose di varie fasi. Nell’immediatezza dell’attentato la posizione ufficiale sia del Governo italiano (allora presieduto da Francesco Cossiga) sia delle forze di polizia fu quella dell’attribuzione dello scoppio a cause fortuite: a seguito dei rilievi svolti e delle testimonianze raccolte sul posto, apparve però chiara la natura dolosa dell’esplosione. Molti anni dopo, il magistrato Libero Mancuso (video) dirà in un’intervista televisiva che i depistaggi erano già iniziati pochi minuti dopo la strage. Ciò fu particolarmente grave perché, essendo esclusa nelle prime ore l’ipotesi di un attentato, gli esecutori poterono dileguarsi indisturbati.

Nella seconda fase, quando la magistratura seguiva già la pista del terrorismo nero, agli inquirenti giunsero notizie e segnalazioni in base alle quali i sospetti sarebbero stati da rivolgere oltre confine. L’ipotesi doveva essere quella di un complotto internazionale che coinvolgeva terroristi stranieri e neofascisti italiani latitanti all’estero. Tutto questo risulterà essere un montaggio costruito a tavolino, utilizzando vecchie informazioni e notizie completamente inventate: per rafforzare la montatura, gli uomini dei servizi deviati fecero ritrovare in uno scompartimento di seconda classe del treno 514 Taranto-Milano una valigia contenente otto lattine piene di esplosivo (lo stesso esplosivo che fece esplodere la stazione), un mitra MAB, un fucile automatico da caccia e due biglietti aerei intestati a terroristi stranieri. Il boss pentito della Banda della Magliana Maurizio Abbatino riconoscerà il mitra come appartenente all’arsenale della Banda. La valigia fu messa sul treno da un sottufficiale dei carabinieri.

Nella motivazione della sentenza di condanna, i giudici scrivono: “La ricostruzione dei fatti, basata su prove documentali e testimoniali, e sulle dichiarazioni degli stessi imputati, fa emergere una macchinazione sconvolgente che ha obiettivamente depistato le indagini sulla strage di Bologna. Sgomenta che forze dell’apparato statale, sia pure deviate, abbiano potuto così agire, non solo in violazione della legge, ma con disprezzo della memoria di tante vittime innocenti, del dolore delle loro famiglie e con il tradimento delle aspettative di tutti i cittadini, a che giustizia si facesse”.

Per il depistaggio sono stati condannati Licio Gelli, “maestro venerabile” della loggia massonica P2, il generale del SISMI Pietro Musumeci e gli agenti SISMI Giuseppe Belmonte e Francesco Pazienza (a Musumeci e Belmonte sono ispirati i personaggi di Zeta e Pi Greco nel “Romanzo Criminale” di Giancarlo De Cataldo). La figura di contatto tra Musumeci e i NAR fu sicuramente Massimo Carminati (l’ex affiliato alla Banda della Magliana recentemente condannato nel processo Mafia Capitale), assolto però nel 2001 dall’accusa di depistaggio.

Gli ipotetici mandanti della strage e dei depistaggi sono ancora sconosciuti.

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